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Nuova tecnica diagnostica- Quotidiano Sanità 4 dicembre 2015

Microscopia confocale. Al San Gallicano tecnologia di ultima generazione per una maggiore accuratezza degli esami

l nuovissimo microscopio confocale presenta un software integrato alla valutazione demoscopica in grado di ottimizzare la qualità delle immagini e consentire la valutazione di tumori di maggiori dimensioni. Maggior accuratezza dell’esame, dati microscopici dettagliati in tempo reale ed in modo non invasivo sono i vantaggi del nuovo dispositivo. 

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04 DIC – Il servizio di Microscopia Confocale all’Istituto San Gallicano si dota di una nuova tecnologia di ultima generazione. Il nuovissimo microscopio confocale presenta un software integrato alla valutazione demoscopica in grado di ottimizzare la qualità delle immagini e consentire la valutazione di tumori di maggiori dimensioni. Maggior accuratezza dell’esame, dati microscopici dettagliati in tempo reale ed in modo non invasivo sono i vantaggi del nuovo dispositivo. L’Istituto San Gallicano è uno dei pochissimi centri in Europa e unico nel Lazio ad avere in dotazione tale tecnologia.

Nel biennio 2013-2014 sono stati valutati circa 1000 pazienti affetti sia da tumori cutanei che da malattie infiammatorie della pelle, più di 60 sono state le pubblicazioni scientifiche. Le collaborazioni internazionali hanno reso possibile la realizzazione di progetti di ricerca insieme ad Istituti come il Dermatology Research Center dell’University of Queensland in Australia e il Memorial Sloan Ketteing Cancer Center di New York, Usa. Molti i traguardi raggiunti dall’Istituto: dal nuovo trattamento per la cheratosi attinica e altre neoplasie cutanee non melanoma, alla ideazione e realizzazione di software che danno la possibilità anche a specialisti meno esperti del settore di effettuare diagnosi tramite microscopia confocale, all’ottimizzazione di una metodica di “micro biopsia” microinvasiva, senza dolore e esiti cicatriziali.
La microscopia confocale è una tecnica diagnostica oramai molto diffusa che offre vantaggi sia in termini di incremento della sensibilità e specificità diagnostica che nella gestione clinica. E’ comunque importante avere presente che è una metodologia clinica e non sostituisce in alcun modo l’istologia. Piuttosto, questa metodica permette la visualizzazione di aspetti microscopici della lesione tumorale utili al supporto della diagnosi clinica, della definizione dello stato della malattia e dell’estensione cutanea. Il confocale, affiancandosi alle altre metodiche di diagnostica non invasiva, favorisce ed aiuta le scelte terapeutiche e la gestione clinica del paziente.

“Per le neoplasie cutanee non melanoma – spiega Marco Ardigò della Dermatologia Clinica ISG e in missione per un anno come visiting academic presso l’University of Queensland – abbiamo lavorato sull’utilizzo di nano particelle (Foroderm) in grado di veicolare i farmaci all’interno del tumore in aree specifiche della proliferazione maligna per migliorarne la disponibilità e per ridurne le dosi ed i conseguenti effetti collaterali. In questo caso, la microscopia confocale ha avuto un ruolo fondamentale nella ricerca ed è stata utilizzata con successo per monitorare l’effetto terapeutico delle terapie dal punto di vista microscopico e per studiare la farmacocinetica e la farmacodinamica”.

Una parte del lavoro con l’University of Queensland ha avuto come focus l’ottimizzazione di una metodica di “micro biopsia” microinvasiva, inventata negli ultimi 3 anni presso la UQ, in grado di prelevare piccoli campioni di cute (circa 2000 cellule) utilizzata per lo studio della genetica e biochimica delle lesioni cutanee. In questo ambito il contributo dell’ISG è stato particolarmente significativo con l’invenzione e realizzazione di un “apparecchio” per la guida della “micro biopsia” tramite l’utilizzo della microscopia confocale.”

“La straordinaria disponibilità di nuove tecnologie da parte dell’University of Queensland associata alla profonda conoscenza della microscopia confocale sviluppata negli anni dal nostro Istituto ha dato vita ad un binomio di collaborazione altamente proficuo – precisa Enzo Berardesca, Direttore della Dermatologia Clinica ISG. – Ci sono ottime possibilità di ulteriori sviluppi che porteremo avanti insieme a collaborazioni altrettanto vantaggiose da un punto di vista clinico–scientifico con altre realtà internazionali come il Memorial Sloan Ketteing Cancer Center di New York.”

Dermatite seborroica- Repubblica salute 17 novembre 2015

Domanda

Circa un anno fa mi è stata diagnosticata una dermatite seborroica che si è manifestata nel cuoio capelluto, sul volto e sul decolleté con perdita di capelli, prurito diffuso e granuli di sebo. Sono stata visitata da ben 4 dermatologi ma, salvo cambiare sempre creme o shampoo, nessuno è stato in grado di prescrivere una cura veramente efficace (ultimamente la dermatite si è manifestata anche sulle palpebre inferiori). Anche sull’origine della malattia ho avuto le risposte più disparate. Nel tempo ho usato shampoo ASQUAM e lozione CUTISEB  per i capelli e ALUSEB e CUTISEB crema per il viso che non sono efficaci e avvizziscono molto la pelle.Vorrei sapere se esistono cure più efficaci, ma soprattutto: è vero che la malattia non si può debellare?

Risponde Prof. Enzo Berardesca Direttore Dermatologia Clinica, Ist Derm S. Gallicano, Roma

La dermatite seborroica e’ una patologia molto frequente che causa la comparsa di prurito, eritema e desquamazione in alcune sedi del corpo quali il volto, il cuoio capelluto ed a volte il tronco. Non si conosce ancora esattamente la sua patogenesi che sembra correlata con una certa predisposzione genetica e la presenza di alcuni lieviti sul cuoio capelluto che ne possono favorire l’insorgenza. Il ruolo del sebo e’ anche  segnalato come fattore predisponente all’infiammazione. La terapia si basa su antiinfiammatori topici come i cortisonici o altre sostanze lenitive e seboriducenti. Alcuni antibiotici con attività antifungina sono anche utilizzati, soprattutto come shampoo, per ridurre la carica dei lieviti. Date le sue caratteristiche e la sua comparsa in seguito ai succitati fattori, non esiste una cura veramente definitiva in quanto tutti questi fattori predisponenti non vengono realmente mai eliminati. La cura serve a controllare i sintomi e mantenere a posto la pelle, ma e’ sempre necessario un mantenimento per impedire che la dermatite ritorni

Anche il sesso può far male alla pelle

Colloquio con il prof. Berardesca riguardo un rapporto particolare: il sesso e la pelle.
di Rai News 24, 14 luglio 2015

Sono molti gli attacchi che subisce costantemente la nostra pelle. Dagli agenti atmosferici, inquinamento, polveri sottili e soprattutto dai raggi ultravioletti. Ma anche da contatto con alcune sostanze, come il nickel, il rame, che nei soggetti predisposti provocano gravi reazioni allergiche. E poi i contatti sessuali non protetti.

Professore ci preoccupiamo molto per le rughe o le macchie e le imperfezioni della pelle. Ma ci sono problemi molto più importanti, che possono minare questo organo. Iniziamo con un gruppo molto diffuso, le dermatiti: da contatto, atopiche, seborriche… Chi ne soffre, i sintomi e come si curano?

Le dermatiti sono delle malattie infiammatorie della cute, spesso su base autoimmune, che si presentano con eritemi ed arrossamenti di vario genere e si differenziano in base alle cause scatenanti. Spesso, come per la psoriasi e la dermatite atopica, vi e’ alla base un fattore genetico predisponente che, in presenza di fattori esterni scatenanti, induce la comparsa delle manifestazioni. Nel caso delle dermatiti da contatto, al contrario, non vi sono fattori endogeni predisponenti, ma l’infiammazione della pelle e’ causata da sostanze esterne (irritanti ed allergeni) che scatenano una risposta infiammatoria della cute dopo essere state in contatto anche per brevi periodi con le strutture superficiali della pelle. Le terapie delle dermatiti sono ovviamente differenti a seconda della diagnosi. Molto utilizzate sono le creme a base di cortisone ed altri antiinfiammatori. Nelle forme da contatto e’ fondamentale la prevenzione ovvero l’evitare il contatto con le sostanze irritanti o sensibilizzanti.

In questa stagione sono molto diffusi anche gli eritemi solari: quali rischi si corrono ad esporsi al sole senza protezione solare, soprattutto se si ha un fototipo chiaro?

La radiazione solare ultravioletta e’ composta principalmente dai raggi ultravioletti e dalla luce visibile. I raggi ultravioletti (UVB e UVA) sono quelli piu’ pericolosi perche’ dotati di grande energia. Quando colpiscono la cute (soprattutto gli UVB) sono in grado di indurre un eritema (rossore) dopo pochi minuti. L’unico meccanismo di difesa che abbiamo e’ la melanina, ovvero il pigmento prodotto dai melanociti che si forma dopo l’esposizione solare (abbronzatura). Le persone di pelle chiara tendono naturalmente a formare meno melanina e quindi sono meno protette verso i raggi UVB e di conseguenza sono piu’ suscettibili agli eritemi solari se si espongono senza protezione adeguata.

Quando dobbiamo preoccuparci, con i nostri nei?

I nei sono delle neoformazioni prodotte dai melanociti (cellule che formano la melanina). Per questo motivo hanno generalmente un colore marrone scuro. I nevi generalmente sono delle lesioni di piccole dimensioni, tondeggianti che compaiono in qualsiasi sede cutanea. Possono essere pericolosi quando le cellule al loro interno degenerano e diventano tumorali causando il melanoma. Spesso e’ difficile capire clinicamente quando questo avviene e per questo, nei soggetti a rischio, e’ meglio effettuare regolarmente visite periodiche con l’epiluminescenza dallo specialista. Come regola generale, bisogna tenere d’occhio i cambiamenti che si hanno nella forma e struttura del nevo. Campanello di allarme deve essere la crescita improvvisa, spesso asimmetrica della lesione, i cambiamenti dei bordi e le alterazioni disomogenee del colore.

Un altro problema grave della pelle e non solo, perché può coinvolgere le articolazioni, è la psoriasi. Come si individua precocemente e c’è un trattamento per rallentarne la progressione?

La psoriasi e’ una dermatite immunomediata che colpisce la cute e le articolazioni. Circa un terzo dei pazienti affetti dalla forma cutanea puo’ presentare un danno articolare. Mentre sulla cute le lesioni sono facilmente visibili (gomiti, ginocchia, cuoio capelluto, mani), il danno articolare, non essendo obbligatorio né tantomeno visibile e’ di piu’ difficile diagnosi. Il paziente non deve sottovalutare il dolore articolare, anche se sporadico, ne’ eventuali gonfiori a carico delle articolazioni e dei tendini. Utile, nei casi sospetti, effettuare un’ecografia con power Doppler dell’articolazione interessata per fare una diagnosi precoce. In questo caso va istituita al piu’ presto una terapia adeguata a base di antiinfiammatori, cortisonici e nei casi piu’ resistenti farmaci biologici per fermare la progressione della malattia e mantenere l’articolazione funzionale.

Ha fatto scalpore la pubblicità di una marca di vestiti che ha utilizzato una modella con la vitiligine, “sdoganando” tra i più giovani questa malattia. Da cosa deriva e ci sono dei trattamenti per ridurre gli effetti estetici?

La vitiligine e’ una malattia che determina il blocco funzionale e la scomparsa dei melanociti. Le aree interessate pertanto non si pigmentano e la pelle si presenta bianca. Questo e’ tanto piu’ evidente quanto piu’ scuro e’ il colore della pelle (fototipo) del soggetto interessato. Non sono ancora completamente chiarite le cause della vitiligine, ma l’ipotesi autoimmune e’ tra le piu’ accreditate. La malattia non e’ pericolosa ma e’ estremamente invalidante dal punto di vista psicologico e della qualità di vita del soggetto colpito. Le terapie si basano sull’utilizzo di modulatori della risposta immune nonche’ della fototerapia per ripristinare la funzionalità dei melanociti colpiti. In alcuni casi selezionati puo’ essere utile il trapianto di melanociti.

Ci sono delle malattie della pelle che si possano trasmettere con rapporti sessuali o comunque molto ravvicinati con altre persone?

Molte malattie della pelle si possono trasmettere con i rapporti sessuali (soprattutto non protetti). Al di la’ della trasmissione dell’infezione da HIV, la malattia sessualmente trasmessa della pelle piu’ conosciuta e’ la sifilide che inizia con una lesione nell’area di contatto con la persona infetta che compare dopo pochi giorni dal rapporto (sifilide primaria). Spesso questa lesione guarisce spontaneamente ma l’infezione prosegue nel sangue causando la comparsa dopo alcune settimane di lesioni eritematose diffuse (sifilide secondaria) o addirittura di lesioni cerebrali a distanza di anni (sifilide terziaria). L’infezione da HPV (Human Papilloma Virus) e’ un’altra malattia sessualmente trasmessa associata alla comparsa dei condilomi acuminati e del cancro della cervice uterina nella donna. Altri virus, come il mollusco contagioso o l’herpes virus possono essere trasmessi per via sessuale così come le infezioni da clamidia e la gonorrea che danno dei quadri prevalentemente di tipo uretritico.

Articolo originale: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Anche-il-sesso-puo-far-male-ala-pelle-malattie-veneree-sfilide-herpes-aids-6ad208bf-c07f-4c4b-acf8-c32cf8b799d4.html

Sole e lampade prima delle vacanze- Fondazione Veronesi

È consigliabile fare qualche lampada prima delle vacanze estive?

Risponde Enzo Berardesca, direttore del dipartimento di dermatologia infiammatoria e immunoinfettivologica dell’Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma

  • Pubblicato il 02/07/15

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Mi hanno detto che fare una o poche lampade per preparare la pelle all’esposizione al sole non fa male e non aumenta le probabilità di patologie cutanee serie. È vero?

Elisabetta F, Forlì

Risponde Enzo Berardesca (nella foto), direttore del dipartimento di dermatologia infiammatoria e immunoinfettivologica, Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma

Il concetto “poco fa bene” e “tanto fa male” non è compatibile con le lampade o le docce solari. Anche una sola lampada durante l’anno espone la pelle a un rischio, seppure minimo. Infatti indurre l’abbronzatura significa sottoporre la pelle a una aggressione alla quale risponde, come difesa, con un aumento della pigmentazione. Ovvero il brunito tipico dell’abbronzatura, appunto. Se è vero che una o poche lampade, da sole, non possono essere ritenute responsabili dell’eventuale sviluppo di un tumore della pelle, dall’altro sarebbe comunque sempre meglio evitarle. Tant’è che in alcuni paesi, come gli Stati Uniti o l’Australia dove la popolazione residente è già naturalmente esposta a una irradiazione solare elevata ed è di fototipo ‘chiaro’, sono state vietate. Ma c’è di più.

Oggi la comunità scientifica si sta anche interrogando non soltanto sui rischi indotti dai fatidici raggi ultravioletti (gliUVA e UVB quelli incriminati soprattutto per lo sviluppo dei tumori), ma anche sugli effetti a lungo termine della luce visibile che, apparentemente, non crea nessun eritema o danno percettibile. Gli effetti nocivi che le lampade possono causare alla pelle variano da individuo a individuo, dal tipo di lampada cui ci si espone, e dal differente fototipo. Pertanto è impossibile dare indicazioni sulla soglia minima o massima entro le quali le lampade possono nuocere alla salute con rischi più o meno contenuti.

Come regola generale si può dire che l’esposizione “preventiva” al sole artificiale in presenza di una pelle molto chiara (fototipo 1), capelli rossi e occhi azzurri, non è consigliata. Anzi: potrebbe sortire effetti contrari, come l’arrossamento cutaneo, senza ottenere una base che prepari al sole estivo. Mentre possono concedersi ogni tanto qualche lampada coloro che sono più scuri di carnagione (fototipo 2-3) e hanno occhi e capelli scuri: caratteristiche queste che rendono naturalmente più protetti, facilitano l’abbronzatura, diminuiscono il rischio di irritazioni e arrossamenti e le probabilità di sviluppare tumori della cute. Dunque va sfatata la diceria che prepararsi al sole con una lampada evita poi eritemi e scottature.

L’unico modo efficace per non correre questo rischio è proteggersi con creme solari con fattore protettivo 50 da applicare sulla pelle ripetutamente e ogni due ore, in modo che la crema resti sempre attiva, integrando eventualmente l’alimentazione (vanno bene tutti i cibi arancioni contenenti carotene) con degli integratori alimentari a base di flavonoidi e ricchi di antiossidanti che favoriscono protezione anche in vista dell’esposizione al sole. Anche in caso di lampade solari non vanno trascurati alcuni accorgimenti. Primo fra tutti indossare sempre gli occhialini, perché la cornea può essere anch’essa danneggiata dai raggi, e idratare abbondantemente e accuratamente la pelle con una crema grassa a fine seduta. È invece inutile utilizzare un abbronzante: meglio fare attenzione a non scottarsi, ridurre il numero di sedute e sottoporsi ai raggi (ma solo in questo caso!) senza protezione.

Una considerazione a parte meritano invece quelle malattie della pelle – come la dermatite seborroica, la psoriasi, alcune forme di eczema – che possono beneficiare dai raggi ultravioletti e per le quali l’esposizione, monitorata dal medico, a particolari lampade con lunghezze d’onda molto ristrette che impongono alla pelle solo l’effetto terapeutico e non quello ustionate, può essere spesso risolutiva. In questi casi i vantaggi derivanti dalla lampada superano gli effetti collaterali: ovvero può valere la pena considerare,  a seguito di un beneficio immediato e guarigione dalla malattia, la possibilità di andare eventualmente incontro a lungo termine a pigmentazione o a una maggiore predisposizione a sviluppare dei tumori, i quali possono non essere necessariamente benigni, ma facilmente trattabili se presi in tempo.