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PSORIASI- terapie topiche -Corriere della Sera 9 ottobre 2014

Psoriasi: le risposte ai vostri dubbi

La psoriasi è una malattia non trasmissibile: non è infettiva né contagiosa. Si manifesta come un’infiammazione della pelle, solitamente di carattere cronico e recidivante, con una forte predisposizione genetica.
Colpisce quindi individui predisposti geneticamente, in presenza di fattori scatenanti non ancora oggi completamente chiariti.
E’ caratterizzata dall’aumentato turnover delle cellule dell’epidermide che porta a un ispessimento della cute nelle sedi interessate (per lo più gomiti e ginocchia, ma nei casi peggiori la malattia si può estendere su tutto il corpo), che si presentano affette da chiazze eritematose e desquamanti.
Le terapie, sia topiche (ovvero da applicare direttamente sulle chiazze) che sistemiche (farmaci da prendere per bocca), puntano a ridurre la risposta infiammatoria e immunitaria della cute, al fine di ripristinare il normale ricambio cellulare.
Nei casi di psoriasi lieve-moderata la terapia locale, a base di derivati della vitamina D e cortisonici topici, ha sempre un ruolo valido. In particolare, ci sono formulazioni di questi principi attivi in gel che sono molto facili da applicare e non ungono né la pelle né le zone con peli (come ad esempio il cuoio capelluto). Inoltre, grazie ad una particolare formulazione funzionano in mono-somministrazione rendendo la vita del paziente molto più semplice, in quanto può medicarsi solo alla sera senza dover riapplicare il prodotto al mattino o durante il lavoro.
Un’alternativa alle terapie topiche può anche essere la fototerapia a base di lampade UVB a banda stretta da eseguire in centri specialistici. Queste sono più efficaci e anche più sicure delle lampade abbronzanti e permettono di avere una guarigione in tempi piuttosto rapidi.
Il trattamento viene eseguito sotto la supervisione del medico, generalmente un dermatologo, e consta  di 2-3 sedute a settimana. Ogni seduta ha una durata di pochi minuti e, mediamente dopo 10 sedute, è possibile  osservare miglioramenti clinicamente significativi  in oltre l’80 per cento dei casi.
Se applicate nel modo corretto, le creme, soprattutto quelle cortisoniche, funzionano per molto tempo e spesso, nei casi di psoriasi lieve, non è necessario fare nulla di più. Altrimenti, bisogna ricorrere alle tradizionali terapie sistemiche, ovvero a farmaci quali ciclosporina, acitretina, metotrexate.
Molto importante è lo  stile di vita e una dieta sana, in quanto oggi sappiamo che i pazienti affetti da psoriasi sono a rischio maggiore rispetto agli altri per alcune malattie metaboliche quali il diabete, l’ipertensione e l’aterosclerosi. Il fumo di sigaretta è molto nocivo in quanto aumenta lo stress ossidativo e peggiora tutte queste situazioni.
Una dieta ricca di antiossidanti e vitamine è auspicabile, anche se non c’è ancora una certezza che possa attenuare la psoriasi, come invece fanno il sole e la vita all’aria aperta.

Chiedimi se sono bella. Appuntamento in Triennale

Cos’è davvero la bellezza?

Arte, estetica, filosofia e benessere. Piacere e piacersi aldilà dello specchio. Conversazione con Bianca Balti

di Cristina Milanesi

“La Bellezza ha tanti significati quanti sono gli umori dell’uomo” scriveva Oscar Wilde. Per questo ne parlerò con persone che la conoscono bene. I miei ospiti ci sveleranno le tante sfaccettature che una parola così usata può sottintendere. Di bellezza si parlerà alla Triennale di Milano, nell’evento «Chiedimi se sono bella» con la top model italiana Bianca Balti, condotto da Maria Luisa Agnese. Di fascino discuterò con Nicola Sorrentino, famoso e seguitissimo nutrizionista.

Da lui regole e consigli per essere sempre in forma anche grazie a una corretta alimentazione. Punto di partenza: il volto. Enzo Berardesca, scienziato e dermatologo, ci guiderà in un viaggio alla scoperta della nostra pelle. Massimo Della Maggesa, make up artist di fama internazionale, ci farà sognare parlando di icone del cinema e della moda. Ma la bellezza, quella vera, quella che non ha età, nasce nell’anima e si manifesta attraverso pensieri e sentimenti, così la nostra conversazione ci aiuterà a riconoscerla guardando al di là dello specchio, dentro di noi, per imparare a volerci più bene. Insomma, una lezione di autostima. Per valorizzare a 360° la nostra immagine.

Punture di meduse dal corriere della sera 11 agosto

Punture di meduse: ecco le dieci
cose da fare (e da non fare)

Lavare la parte colpita con acqua di mare, in modo da diluire la tossina non ancora penetrata, e applicare un gel astringente al cloruro d’alluminio

di Paola Arosio

 

(Ansa)
(Ansa)

La cattiva notizia è che, anche quest’estate, le meduse sono presenti in abbondanza nei nostri mari. Quella buona che, se non si è riusciti a evitarle, è possibile neutralizzare il loro potere urticante. A patto di seguire i consigli giusti e di non incappare in comuni errori. Ecco un vademecum stilato con la consulenza di Enzo Berardesca, direttore dell’Unità operativa di Dermatologia clinica all’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma.

 

Cinque cose da fare

1. Se stai nuotando al largo e vieni sfiorato da una medusa, niente movimenti scomposti; devi respirare bene e cercare di raggiungere con calma la riva. Chiedi aiuto a qualcuno, se è necessario. Se invece sei già a riva, esci subito dall’acqua. Evita di gridare e (per quanto possibile) di agitarti.

 

2. Ciò che ti serve ce l’hai a portata di mano: lava la parte colpita con acqua di mare, in modo da diluire la tossina non ancora penetrata. Evita l’acqua dolce perché potrebbe favorire la rottura delle nematocisti (strutture urticanti che le meduse usano per difendersi) rimaste sulla pelle.

3. Con pazienza, cerca di pulire la pelle dai filamenti residui. Per rimuoverli, usa una tessera di plastica rigida, come bancomat o carta di credito, oppure un coltello usato di piatto (non dalla parte della lama).

4. Applica un gel astringente al cloruro d’alluminio, meglio se a una concentrazione del 5%. Serve a lenire il prurito e a bloccare la diffusione delle tossine. Lo trovi in farmacia.

5. Vai al pronto soccorso o chiama il 118 se ti accorgi che subentrano delle complicazioni, come reazione cutanea diffusa, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore, mal di testa, nausea, vomito, vertigini, confusione. «In alcune persone particolarmente sensibili, la puntura di una medusa, ma anche di un’ape o di una vespa, può innescare una reazione allergica estrema al veleno, lo choc anafilattico – spiega Berardesca -. In questi casi la tempestività di intervento è fondamentale».

 

Cinque cose da non fare

1. Non strofinare la zona colpita con sabbia o con una pietra tiepida. «In effetti le tossine sono termolabili, vengono cioè inattivate dal calore, ma perché ciò avvenga bisognerebbe raggiungere una temperatura di circa 50 gradi», precisa Berardesca. Meglio, quindi, non rischiare un’ustione.

2. Lascia perdere i rimedi della nonna, come ammoniaca, urina, aceto, alcol. «Questi metodi non solo sono inutili, ma possono risultare anche dannosi – sostiene l’esperto -. Ammoniaca e urina potrebbero ulteriormente infiammare la parte colpita».

3. Non grattarti, anche se è la prima reazione istintiva; se lo fai rompi le eventuali nematocisti residue, liberando ulteriore veleno.

4. Se la reazione è localizzata, fai a meno delle creme al cortisone o contenenti antistaminico: sono inutili perché entrano in azione solo dopo circa 30 minuti dall’applicazione e cioè quando la reazione è già naturalmente esaurita. Questi principi attivi possono invece andare bene per via orale, nel caso di lesioni diffuse o di disturbi generali, anche lievi.

5. Niente sole per qualche giorno sulla parte colpita. Nella fase di guarigione l’arrossamento lascia il posto a un’iperpigmentazione, che i raggi ultravioletti potrebbero rendere duratura. Per evitare antiestetiche macchie scure, usa una crema a filtro totale (50+).

Repubblica online: Infezioni estive

Verruche, batteri e fughi: come evitare le insidie in piscina

E’ una comoda alternativa alla spiaggia ma occorre stare attenti alle condizioni igienico-ambientali. Un ecosistema dove proliferano microrganismi

Verruche, batteri e fughi: come evitare le insidie in piscina

di TINA SIMONIELLO
COSTA meno del mare e ci si arriva anche con i mezzi pubblici . La piscina è una comoda alternativa alla spiaggia. Ma è anche un ecosistema, caldo-umido (e affollato), particolarmente adatto alla proliferazione di microrganismi: batteri, virus, funghi, protozoi che entrano in piscina insieme a noi (i principali inquinatori delle piscine sono proprio gli utilizzatori), che una volta in acqua non sempre è facile scacciare (alcuni patogeni resistono al cloro per ore o anche giorni) e che soprattutto sono responsabili di infezioni di pelle e mucose, dovute al contatto, e di patologie intestinali, provocate dall’ingestione di acqua contaminata.

INTERATTIVO

Dal 2004 è in vigore una disciplina che regolamenta al dettaglio i requisiti igienicoambientali delle piscine: qualità dell’acqua, temperatura, quantità di cloro, tempi di trattamento. Possiamo stare piuttosto sereni, dunque, sulle condizioni microbiologiche delle nostre “spiagge urbane”. Tuttavia conoscere i più comuni microscopici nemici, e soprattutto sapere in che modo prevenire un incontro ravvicinato con loro, può aiutare a evitarli meglio o in caso, a prendere immediatamente tutte le misure necessarie ad una rapida guarigione.

I virus. Le verruche sono dovute al papilloma virus, Hpv, che dà origine a piccoli noduli di pelle ispessita. Enzo Berardesca, direttore della Dermatologia clinica del San Gallicano di Roma spiega: «Hpv è piuttosto contagioso, difficile evitarlo se è nell’ambiente». La forma di prevenzione? «Cercare di tenere i piedi asciutti e non sostare a piedi nudi intorno alla piscina. La cura standard per le verruche è la crioterapia, se molto diffuse gli immunomodulatori. Un altro virus da piscina è l’agente del mollusco contagioso: il molluscipoxvirus, che colpisce la cute dà luogo a papule, con una piccola pustola, gialla e consistente in cima: il corpo del mollusco appunto. Anche qui: crioterapia o spremitura e disinfezione ». La prevenzione?
«Difficile», dice l’esperto, «andrebbe individuato e trattato il soggetto portatore».

I batteri e i funghi.
Il piede d’atleta è la micosi da piscina più comune il cui nome scientifico è Tinea pedis, «il piede d’atleta è dovuto a diversi tipi di tricofiti, funghi la cui presenza si manifesta con vescicole cutanee che danno prurito e che, se si annidano tra le pieghe della pelle (tra le dita del piede ma anche all’inguine e in altre zone di piega…), si desquamano e se si infettano possono dare luogo a infezioni miste: fungo più batterio, candida ecc…». Per evitarli è importante l’uso di ciabatte e di asciugamani personali in piscina e spogliatoi. La cura consiste in 3-4 settimane di antimicotici in crema, spray, lozione polvere. Se l’infezione è diffusa allora si passa ai farmaci per bocca. Attenzione: i funghi che colonizzano la cute possono annidarsi anche nell’unghia che diventa gialla, grossa spessa.
La terapia non cambia: i prodotti sono gli stessi. Ma si allungano i tempi: la soluzione delle onicomicosi richiede mesi di terapia, non settimane.

Lo stafilococco è un batterio comune in piscina. «Si annida nelle piccole ferite o nelle punture d’insetti grattate (tipiche dei bambini). È molto contagioso, dà luogo a bollicine liquide giallognole contenenti un siero che si diffonde sulla cute provocando autoinoculazione o che col contatto contagia altri».

Terapia? 7 10 giorni di antibiotici topici e se l’infezione è diffusa, anche in questo caso si passa a farmaci sistemici. Gli stafilococchi, con clamidia, pseudomonas e alcuni virus sono responsabili anche delle congiuntiviti da piscina. Un  onsiglio? L’uso di occhialini impermeabili, che oltre dai microrganismi proteggono dal cloro, che è un ottimo disinfettante, ma ha anche un potere irritante: dopo la piscina è buona regola eliminarlo da tutto il corpo con una lunga doccia. Oltre alla congiuntivite da piscina c’è l’orecchino del nuotatore: pseudomonas e stafilococco possono infatti provocare una otite media, generalmente monolaterale. È bene sempre eliminare l’acqua residua dalle orecchie.